Oggi è emerso tra le maglie della rete un bellissimo articolo su Doppiozero (rivista culturale e casa editrice) ” Il Teatro delle Contraddizioni” di Massimiliano Civica. Ci sono proposte molto interessanti sulle riaperture dei teatri e riflessioni sul sistema teatri pubblici/privati. Mentre nel panorama nazionale si vedono all’orizzonte dei leggendari #StatiGeneraliEconomia, il mondo dello spettacolo sta per aprire il sipario, tra un apertura con distanziamento e un distanziamento con aperture.
Qua sotto uno stralcio dell’articolo, mentre a questo indirizzo l’articolo intero.
“Le scelte fatte dallo Stato per aiutare il Teatro a superare la crisi conseguente al coronavirus sono, nelle loro linee di principio, chiare e condivisibili: mettere in sicurezza le strutture teatrali pubbliche e private per garantire la loro sopravvivenza per i prossimi due anni.
Al momento in cui scrivo non c’è ancora nulla di certo, ma sembrerebbe che la messa in sicurezza avverrà assegnando, per questa e per la prossima annualità, lo stesso finanziamento che i teatri si sono visti attribuire per l’anno 2019. Lo Stato poi, riconoscendo la situazione di eccezionalità in cui si troveranno a operare tali strutture, non chiederà, a fronte del finanziamento attribuito, la stessa certificazione di “numeri” (giornate lavorative svolte) che avrebbe preteso in una situazione normale. […] La contraddizione sta proprio qui, tra il fine e i mezzi. Ai Teatri Pubblici viene concesso di ricevere un finanziamento che, in parte, non tenga conto dei “numeri”, perché si riconosce che, in una situazione di distanziamento sociale, non potranno raggiungere il numero di spettacoli solito e con il solito numero di scritturati. Ora tutto questo ha il fine di tentare di mantenere il livello di occupazione solito dei professionisti dello spettacolo, ma, se il mezzo che i teatri hanno per ridistribuire gli aiuti pubblici agli “scritturati” rimane solo quello di assumerli per la produzione di spettacoli, tale fine rischia di essere raggiunto solo in minima parte: è certificato che si potranno fare meno spettacoli e con meno “scritturati”, ma il solo modo che ho per dare lavoro agli “scritturati” è di assumerli per fare spettacoli!
In estrema sintesi: i Teatri Pubblici e Privati (almeno quelli più attenti alle esigenze dei loro lavoratori e dei loro artisti di riferimento, e vi assicuro che ce ne sono) si troveranno in una sorta di dolorosa impasse. Avranno i finanziamenti per dare potenzialmente lavoro ai loro 100 scritturati “usuali”, ma non avranno gli strumenti normativi e di legge per sostenere quei loro lavoratori dello spettacolo che rischiano di restare “fuori dagli spettacoli”. […] Vorrei ora parlare brevemente della situazione di un tipo particolare di Teatro a iniziativa privata. In Italia ci sono piccole e piccolissime sale teatrali private che vivono senza finanziamento pubblico […] In un certo senso, i gestori di queste piccole realtà possono essere considerati tra i più grandi organizzatori e manager teatrali che abbiamo. Sono persone che, senza un soldo di finanziamento pubblico, generano economie, riuscendo a pagare tutte le spese gestionali e i loro stipendi con le loro attività teatrali, spesso di altissimo livello. In realtà periferiche o nel caos delle grandi città organizzano laboratori con bravi maestri, offrono spazi per le prove, ospitano spettacoli di valore che spesso non trovano accesso nelle realtà più ufficiali. Spesso artisti poi divenuti riconosciuti sono cresciuti e hanno avuto i primi aiuti proprio in queste sale, i cui gestori possono essere appunto considerati i veri imprenditori del teatro italiano, perché vivono di quello che guadagnano. Vivono di teatro.
E questa generazione di “professionisti privati”, che ha dimostrato di saper fare teatro di valore e che potrebbe fornire molti stimoli e idee ai grandi teatri, rischia di essere spazzata via dalle conseguenze del coronavirus. Rischiamo di perdere una generazione di organizzatori teatrali che sono una delle forze di innovazione del nostro comparto. È un paradosso doloroso: non verrà aiutato chi ha dimostrato di essere così capace e bravo da fare teatro senza aiuti pubblici. Il privato “virtuoso” che produce cultura, quello che sempre ci viene indicato dalla Stato come modello da sviluppare e sponsorizzare, viene lasciato solo in questo stato eccezionale di crisi che nessuno può affrontare senza aiuti pubblici.
Alcune di queste piccole realtà, grazie ai 20 milioni di euro stanziati per chi è extra Fus, cioè per tutte quelle realtà medio piccole che non ricevono finanziamenti pubblici, sono riuscite, bene o male, a superare il periodo di lockdown, ma i loro problemi cominciano ora con la riapertura dei teatri. […]